Potare un bonsai o Scrivere un romanzo
La stessa identica tensione
L’ALTRO ME
C’è un gesto che mi definisce più di molti altri. Lo compio in silenzio, davanti a un piccolo albero in vaso, con una forbice affilata tra le dita e una domanda nella testa: “Cosa tolgo?”
È la stessa domanda che mi faccio quando scrivo. Scrivere è potare. È scegliere cosa resta e cosa deve sparire. È creare armonia nei vuoti, non solo nei pieni.
Un bonsai non si inventa. Si costruisce.
Ogni ramo ha una direzione, un peso, un futuro. Come un personaggio. Come una scena. Ogni taglio è irreversibile. Ogni eccesso rovina l’equilibrio.
E proprio come in un thriller, ciò che non si vede è spesso ciò che crea la tensione più forte.
Scrivere, revisionare, scegliere rami, educarli... Sono tutte potature.
La differenza è solo nel mezzo. Ma l’intento è sempre lo stesso: trovare una forma in ciò che è informe. Dare ordine al caos. Lasciare spazio all’immaginazione, come una foglia lasciata sospesa nel vuoto.
E tu, in cosa riesci a perdere la nozione del tempo?
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